L’azzardo che trasforma
Qualcuno ti bussa alla porta e ti dice che ti vuole come compositore per il suo film.
Un incontro: così nasce la sinergia tra il regista e il musicista, una sorta di matrimonio scandita da “amore ed odio” che va avanti almeno per tutto un film ma, in genere, prosegue per tutta la loro vita artistica. Marco Biscarini racconta la sua personale storia nata per il film “L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti (vincitore del Marco Aurelio d’oro festival di Roma 2009 e del David di Donatello 2010 con 11 candidature compresa la musica).
Guarda la performance
Un film che narra la strage di Marzabotto attraverso gli occhi di una bambina muta. C’è la morte, c’è il mondo dei bambini, c’è gente povera, c’è la guerra e ci sono i silenzi. Il silenzio della bambina, il silenzio dopo le bombe, il silenzio della povera gente.
Come trasmettere queste sensazioni e trattare questi argomenti senza scadere nella banalità di un tema struggente? Marco Biscarini racconta di un azzardo, di una presa di coscienza che è il film che obbliga ad una musica.
La differenza tra un musicista e un compositore per musica da film sta qui: nell’accettare questo azzardo, nell’accettare che sia il film a guidare la mano che scrive le note. L’azzardo nell’assegnare al tema della morte uno strumento come la viola, o nel raccontare la guerra attraverso gli schiamazzi di gioia dei giochi dei bambini che diventano una marcia verso l’ignoto.
Il dialogo costante con le scene del film e con il regista sono occasioni di crescita profonda, non basta una musica, serve la musica per quel film, una musica che non faccia parlare di se stessa ma che accompagni senza farsi sentire. Un musicista che accetta tutto questo, che fa prevalere la storia su di sé, sulle proprie composizioni, intraprende un viaggio alla fine del quale si scoprirà cambiato, nuovo, arricchito. E così anche il pubblico, alla fine, si è scoperto arricchito, ammaliato dal racconto di Marco Biscarini, in una serata un po’ berlinese, le scene del film proiettate su un muro, le macchine che passavano, il bancone del bar alle spalle.